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Assolti dopo il carcere, l’inchiesta flop del PM Venditti a Olbia

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In nome della Legge: Arrendetevi!

REDAZIONE “Dirty Money”, il flop dell’inchiesta firmata dal pm di Garlasco: assoluzioni e richieste di risarcimento 18 anni dopo. L’operazione antimafia del 2008 travolse Olbia con arresti, sequestri e accuse di riciclaggio legate alla ’ndrangheta. Tutto archiviato: nessuna cosca, nessuna bancarotta.

Ora le vittime chiedono giustizia.

Dalle indagini del pm Mario Venditti alla demolizione giudiziaria del caso: 30 mila intercettazioni, sette arresti e zero colpevoli.

L’operazione che doveva smascherare la ’ndrangheta

Nei primi giorni di febbraio del 2008, l’operazione “Dirty Money” sconvolse Olbia. I carabinieri del Ros, su mandato della Direzione distrettuale antimafia di Milano, eseguirono arresti, perquisizioni e sequestri milionari.

A firmare gli atti fu il sostituto procuratore Mario Venditti, oggi noto per il caso Garlasco. L’indagine ipotizzava un vasto riciclaggio di denaro legato alla ’ndrangheta, con il coinvolgimento di imprenditori e finanziarie svizzere.

Diciotto anni dopo, tutto crolla

Dopo anni di processi e rogatorie internazionali, le accuse si sono sbriciolate. Le autorità svizzere e i tribunali di Tempio Pausania, Milano, Cagliari e Catanzaro hanno escluso la bancarotta delle società coinvolte e qualsiasi legame con la criminalità organizzata.

La presunta cosca Ferrazzo di Mesoraca, indicata come fulcro dell’inchiesta, “non esisteva”, scrivono i giudici.

Il bilancio è pesante: sette arresti, 30 mila intercettazioni, 15 mila documenti bancari analizzati, sequestri per decine di milioni di euro e processi durati anni. Tutto finito nel nulla.

Le vittime chiedono giustizia

Tra i principali prosciolti figura l’immobiliarista Giovanni Antonio Pitta, scagionato dopo dieci anni: i soldi delle operazioni immobiliari erano i suoi, non di clan mafiosi.

Anche il finanziere Alfonso Zoccola, assolto, ha avviato le pratiche per ottenere un risarcimento per ingiusta detenzione.

Nel gruppo delle persone coinvolte c’è anche l’avvocato milanese Giuseppe Melzi, noto per il suo impegno nel crac Ambrosiano e nel volontariato cattolico. Arrestato e poi prosciolto, ha raccontato la sua vicenda in un libro, denunciando “metodi colpevolisti e carcerazioni preventive usate con leggerezza”.

Un’inchiesta simbolo di giustizia sbagliata

L’operazione “Dirty Money”, nata per colpire il riciclaggio internazionale, si è trasformata in un caso emblematico di errore giudiziario. Oggi, a distanza di diciotto anni, restano solo le storie di chi ha perso tutto: reputazione, lavoro, anni di vita.

E un interrogativo che pesa ancora sulla magistratura italiana: chi risarcirà le vittime di quella che doveva essere un’inchiesta esemplare?

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