Condotte colabrodo: metà acqua si perde
L’Inchiesta de L’Unione Sarda
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CAGLIARI – Se l’allarme siccità fa così tanta paura è anche a causa delle condizioni della rete idrica: la stima dell’autonomia basata sulle scorte – sempre più risicate – dei laghi artificiali deve essere almeno dimezzata. Perché in questo momento l’efficienza degli acquedotti non raggiunge il 50 per cento. In pratica per far arrivare un litro d’acqua nelle case (ma lo stesso discorso vale anche per industrie, alberghi, attività produttive e semplici fontanelle) della Sardegna, bisogna pomparne nella rete più di due. Il resto si perde per strada.
RETE COLABRODO – Il record dell’Isola appartiene a Oliena: le perdite della rete si aggirano intorno al 70 per cento. Un primato nazionale, se si pensa che la media italiana è del 31 per cento e per queste statistiche il Censis (Centro studi investimenti sociali), che ogni anno stila le classifiche di tutto lo Stivale – isole comprese -, di recente ha denunciato lo «spreco enorme» legato a «infrastrutture carenti, obsolete e inadeguate». E pensare che in Sardegna va addirittura peggio. La percentuale di perdite nelle reti è del 53 per cento, e fino a 10 anni fa la situazione era ancora più preoccupante. Nel 2005 si arrivava al 57 per cento: uno scarto minimo, che però consente di “risparmiare” dieci milioni di metri cubi d’acqua all’anno.
L’ISOLA DEGLI SPRECHI – I casi peggiori al nord: alla Maddalena finisce nel terreno il 65 per cento dell’acqua che passa nelle reti idriche, a Sassari il 60 per cento, stesso discorso per Alghero. Non che a sud vada meglio: Cagliari deve fare i conti con tubi vecchi e malandati: fino a poco tempo fa la dorsale che attraversava viale Merello era in Eternit.
Da poco in piazza Sant’Avendrace gli automobilisti si sono trovati di fronte a un piccolo geyser. Per capire quanto incidano le reti colabrodo sull’allarme siccità basta ascoltare l’amministratore unico di Abbanoa Alessandro Ramazzotti a proposito della rete di Oliena, alimentata dalla fonte di Su Gologone: «Dobbiamo immettere negli impianti 50 litri al secondo, in condizioni ottimali ne basterebbero 20. Se recuperassimo le perdite, avremmo abbastanza acqua da inondare Orosei, Loculi e Galtellì».
CONSUMI ANNUALI – Ogni anno la società che gestisce gli acquedotti di 342 comuni della Sardegna preleva dai bacini dell’Enas e dalle altre fonti circa 270 milioni di metri cubi d’acqua, ma oltre 150 vanno sprecati per colpa degli impianti malandati. Nonostante l’emergenza, nell’Isola si spendono appena 17 euro ad abitante per la riparazione delle perdite, mentre nel resto d’Italia la manutenzione costa 30 euro per abitante. Il confronto con l’Europa è impietoso: in Germania si spendono 80 euro, in Francia 90, nel Regno Unito 100.
I PROGETTI – Per cercare di ridurre gli sprechi Abbanoa ha varato un piano di investimenti da 600 milioni di euro, di cui 236 saranno dedicati ad acquedotti, reti idriche e fognarie. Sono previsti appalti in tutta l’Isola: dalla Marmilla al Sassarese, passando per Medio Campidano, Nuorese, Baronia e Anglona. A Sassari i lavori sono già iniziati e riguardano una fetta importante della città, dove i razionamenti sono di casa. Anche a Porto Torres il gestore sta sostituendo vecchi tratti della rete in ferro, arrugginita e ormai quasi otturata, con la più moderna ghisa sferoidale. Nel resto d’Italia viene utilizzata da decenni.
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La Sardegna muore di sete, la siccità non dà tregua
E mentre l’inverno ancora non arriva, la siccità pesa neanche fossimo alla fine d’una lunga estate, il che – in un’Isola che detiene il record nazionale del numero dei laghi artificiali (sono 55) – suggerisce che probabilmente non è stata poi così vincente l’idea (si cominciò agli inizi del ‘900 con la diga sull’Omodeo) di dissettare la Sardegna solo grazie agli invasi. Un peccato, e un errore, visto che nella pancia di questa terra c’è un tesoro idrico stimato in 938 milioni di metri cubi d’acqua.
«Abbiamo seimila sorgenti censite, con una riserva disponibile per gli usi potabili di circa 200 milioni di metri cubi annui», spiega Davide Boneddu, presidente dell’Ordine regionale dei geologi. Le ricerche sotterranee, aggiunge, «hanno evidenziato che soltanto nel Supramonte, nel Montalbo, nella Nurra e nel Sulcis c’è una potenzialità di 75 milioni di metri cubi».
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E tutto questo spreco d’acqua chi lo paga?
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