Il Femminicidio. E’ sempre una piaga che ci riguarda da vicino
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REDAZIONE – L’omicidio di Cinzia Pinna – con tanto dolore – dovrebbe portarci a riflettere con più attenzione e ci ricorda drammaticamente che il Femminicidio è una piaga sociale che bisogna sconfiggere con determinazione, perché continua a colpire ovunque.
Questo è un argomento molto importante, a cui non dobbiamo mai cambiare pagina… soprattutto ogni volta che termina l’effetto sorpresa…
Ma se fosse nostra figlia, nostra sorella o nostra mamma a subire una tragedia simile?
La storia di Cinzia Pinna (per esempio) ha colpito tutti per la sua fragilità disarmante, quella fragilità che purtroppo appartiene a tante donne – anche se di buona famiglia – che cercano solo serenità, rispetto e normalità, ma che si trovano invece intrappolate in situazioni tossiche che le portano inevitabilmente in contesti violenti.
Cinzia non era una persona debole: era una donna che amava, che aveva fiducia, che sperava di poter costruire una vita stabile. Ma come spesso accade, la sua sensibilità e la sua disponibilità sono state scambiate per facile sottomissione, e la violenza è entrata silenziosamente – improvvisamente – nella sua quotidianità fino a distruggerla.
La sua morte ha provocato un grido di dolore collettivo, e ciò deve farci ricordare che la violenza di genere non colpisce solo chi è fragile, ma chi è lasciato solo. Cinzia – purtroppo – rappresenta tutte quelle donne che, prima di essere vittime, sono state trascurate, non ascoltate e forse anche non credute…
Parlare della fragilità di Cinzia, significa parlare della fragilità di una società che non sa ancora proteggere le sue donne, che non interviene in tempo, che lascia che la paura e la dipendenza affettiva si trasformino in condanne silenziose.
Ecco perché la violenza sulle donne continua a non essere un problema lontano: riguarda invece da vicino – molto vicino – anche quì in Gallura, come dimostrano i tragici dati degli ultimi 25 anni.
Infatti, dal 2000 a oggi – senza dimenticarlo – nel nostro territorio sono state uccise 7 donne. Storie diverse, ma unite tutte da un filo comune: la violenza maschile e l’assenza, troppo spesso, di tutele efficaci.
- Elisabetta Naddeo fu brutalmente assassinata il 27 ottobre 2002 a Tempio Pausania. Aveva solo 22 anni ed era “colpevole” di aver respinto le attenzioni del suo assassino, Giuseppe Zanichelli. Il giovane, dall’infanzia problematica, aveva l’abitudine di perseguitare le ragazze di cui si invaghiva. All’epoca lo stalking non era ancora reato, e chi subiva molestie non aveva strumenti di difesa. Quel giorno Elisabetta non tornò a casa dopo essere uscita per comprare un CD: fu attirata in un magazzino e uccisa con un piccone. L’uomo fu condannato a 30 anni di reclusione, ma oggi è già libero.
- Isabelle Vanbelle fu uccisa nel 2005 nella frazione di Azzanì. Suo marito, Gesuino Saba, non accettava la decisione della donna di lasciarlo dopo anni di abusi domestici. Isabelle, 37 anni, madre e interprete, fu colpita a fucilate. L’assassino venne condannato a soli 16 anni di carcere: all’epoca, i mariti che uccidevano le mogli beneficiavano ancora di attenuanti ingiustificate. Oggi Saba ha scontato la pena. Nel 2018 a Loiri le è stata dedicata una piazza.
- Nel 2017, a San Teodoro, si consumò un altro delitto efferato. Erika Preti, turista di Biella, fu uccisa dal fidanzato Dimitri Fricano durante una vacanza. Il motivo scatenante? Un futile rimprovero: Erika gli aveva fatto notare di aver lasciato delle briciole sul tavolo. Il caso ebbe risonanza nazionale anche per la controversa decisione del tribunale di concedere a Fricano i domiciliari per motivi di salute. Dopo le proteste della famiglia della vittima, l’uomo è stato ricondotto in carcere e condannato a 30 anni di reclusione.
- Sempre nel 2017, a Budoni, la commerciante cinese Lu Xian Cha fu uccisa a coltellate durante una rapina nel suo negozio. Il rapinatore, Simone Delussu, le tolse la vita dopo il suo rifiuto di consegnare il denaro. È stato condannato a 20 anni di reclusione.
- Il 23 luglio 2018, nella tranquilla Baja Sardinia, si consumò uno dei delitti più cruenti della cronaca gallurese. Zeneb Badir, cameriera marocchina, fu picchiata a morte da due suoi coinquilini, Soufyane El Khedar e Hassissou Jalal, durante un festino a base di alcol e droga. Il pestaggio fu così violento che un sanitario del bagno si ruppe. La donna morì dopo ore di agonia all’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia. I due uomini sono stati condannati a 21 anni di reclusione
- Resta ancora avvolta nel mistero la scomparsa di Rosa Bechere, avvenuta a Olbia. Le indagini, nonostante gli anni trascorsi, non hanno ancora portato alla piena verità, ma la comunità continua a ricordarla con affetto e a chiedere giustizia.
Questi nomi e queste storie ci devono far pensare che nessun territorio è immune dalla violenza di genere. Nemmeno le piccole comunità come la nostra Gallura.
Purtroppo… è una questione di “brutale maleducazione” generale che va eliminata…
Ogni volta che una donna viene uccisa perché “non si è sottomessa”, “ha detto no” o “voleva vivere libera”, tutta la società perde una parte della propria umanità. Serve memoria, serve prevenzione, serve una rete di protezione reale. Perché dietro ogni femminicidio c’è sempre un contesto di violenza che poteva – e doveva – essere fermato prima. Servono pene certe e severe.
Quest’ultima storia di Cinzia Pinna, che ha colpito dolorosamente tutta la nostra comunità, deve diventare memoria e monito: le critiche e gli improperi su questo o su quello… non servono a nulla: ormai Cinzia non c’è più!
Ogni volta che diciamo “era una donna fragile”, non giustifichiamo nulla e nessuno… dovremmo invece ricordarci che la vera fragilità non è delle vittime, ma di una comunità che non è riuscita a salvare queste povere donne bisognose di aiuto.
Guardiavecchia.net
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