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La Cassazione sulla “Movida”, quando reca disturbo

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REDAZIONE – Quando la movida lede il diritto alla salute per immissioni di rumore intollerabili o reca disturbo e molestia alle persone, alle loro attività e al loro riposo provoca conseguenze rilevanti dal punto di vista civile e penale.

La “Movida” – (lo riconosce la Cassazione) – è un termine che denota originariamente un movimento sociale e artistico spagnolo. nel tempo però questi vocabolo ha perso la sua connotazione culturale per definire piuttosto il divertimento notturno. Un tipo di svago spesso rumoroso e fonte di fastidio per chi non ama la confusione e il rumore.

La Cassazione è intervenuta diverse volte sul fenomeno, soprattutto quando il divertimento finisce per ledere i diritti altrui:

La recente ordinanza della Cassazione – n. 27175/2022 ad esempio, si è pronunciata sul ricorso presentato da una folta schiera di cittadini contro l’amministrazione locale per ottenere la condanna della stessa alla “cessazione immediata delle emissioni sonore provenienti dalla strada sulla quale affacciano le loro abitazioni (…) originate dal fenomeno della c.d. movida, all’adozione delle misure necessarie per ricondurre tali immissioni entro i limiti della normale tollerabilità, al pagamento di una penale, in favore di ciascun attore, per ogni giorno di ritardo nell’adempiere ai predetti ordini, nonché al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto.”

La questione primaria da definire in questa controversia è se il petitum sostanziale, (cioè la petizione), della domanda presentata dei cittadini deve essere considerata un diritto soggettivo o un interesse legittimo, al fine di determinare la competenza del giudice ordinario o di quello amministrativo.

Questione che la Cassazione ha risolto pronunciando il seguente principio: “la giurisdizione nella presente controversia spetta al giudice ordinario, in ragione del principio, enunciato proprio in ambito di immissioni intollerabili per la salute umana, secondo cui l’inosservanza da parte della Pubblica Amministrazione delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni, là dove le immissioni nocive provengano dal bene pubblico (o da impianto privato realizzato sulla base di provvedimento amministrativo), può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna della Pubblica Amministrazione al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un facere, tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della Pubblica Amministrazione, ma un’attività soggetta al principio del neminem laedere – (non fare male a nessuno).”

(Avv. Annamaria Villaforte)

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