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La Maddalena. Anziano dimesso dall’ospedale con dolori lancinanti e semicosciente…

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La denuncia choc della figlia…

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REDAZIONE – Un caso segnalato che rasenta il verosimile. «Mio padre ricoverato all’ospedale e poi dimesso semicosciente».

A parlare è una figlia disperata, che ha voluto raccontare al quotidiano La Nuova Sardegna. la sua «odissea vissuta al Paolo Merlo di La Maddalena»

Ha segnalato il caso all’Urp (Ufficio relazioni con il pubblico) e informato anche la direzione sanitaria.

Tutto è cominciato il 24 aprile scorso «quando ho trovato mio padre per terra, a casa. Era assolutamente lucido, ma non mi aveva chiamato perché, sue testuali parole, non voleva disturbarmi. Non ho allora esitato un attimo: ho telefonato il 112 e poco dopo è arrivata un’ambulanza. Quando mio padre, che ha 85 anni, è arrivato al pronto soccorso, inizialmente hanno parlato di infezione alle vie urinarie ma dopo una serie di esami ai quali è stato sottoposto, è risultato anche un piccolo focolaio di polmonite. Alla terapia antibiotica ha risposto bene dal principio, ma il posizionamento del catetere è diventato per lui una condanna. Ha cominciato ad avere dolori fortissimi e si è verificato un blocco intestinale. È rimasto al pronto soccorso per 3 giorni, poi è stato trasferito nel reparto Obi (osservazione breve intensiva). Ma i dolori non si attenuavano e aveva anche difficoltà a mangiare. Poi, dopo avergli tolto il catetere, mio padre, con mio grande stupore, è stato dimesso: proseguiva la terapia antibiotica ma aveva sempre dolori all’uretra. La situazione è addirittura peggiorata, a casa: gli si sono gonfiati i piedi, la pressione era altissima e non riusciva quasi più a muoversi. Allora ho richiamato i soccorsi. Di nuovo in ospedale, quindi, e dopo due ore hanno sottoposto mio padre a una tac dicendomi che aveva un principio di demenza senile. Ma il problema non era certo quello! Erano i dolori a non abbandonarlo. E anche in quell’occasione (l’8 maggio scorso) mi dicono che mio padre era dimissibile. Non riusciva a stare in piedi, non era pienamente cosciente eppure lo stavano dimettendo».

Il quadro clinico, però, non è migliorato. Anzi. «Attorno all’una e mezzo del mattino del giorno dopo, il 9 maggio, ci siamo (ri)precipitati al pronto soccorso – continua la donna -. Papà soffriva, aveva bisogno di cure. Eppure anche quella sera, tra le 21 e le 21,30, mi contattano per dirmi che sarebbe potuto tornare a casa. Io, però, non avevo la possibilità di recarmi all’ospedale a quell’ora e ci sono andata la mattina dopo. Ho parlato a quel punto con un’altra dottoressa, la quale – al contrario di ciò che mi era stato comunicato solo poche ore prima, ha detto che mio padre non poteva assolutamente lasciare l’ospedale. Da quel momento è sempre ricoverato e io sono stanca e indignata per tutto ciò che è accaduto».

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