Ragnedda. Le uscite in mare dopo il delitto. “Si stringe il cerchio intorno ai complici”
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REDAZIONE – Le indagini si concentrano sugli spostamenti di Emanuele Ragnedda tra Palau, San Pantaleo e Cannigione, e sugli incontri avvenuti a bordo della barca “Nikitai”, di proprietà della sua famiglia.
Le richieste di aiuto e le uscite in mare, sono questi gli elementi sui quali si concentrano le indagini sull’omicidio di Cinzia Pinna. Gli investigatori stanno ricostruendo le ultime mosse di Ragnedda, per fare piena luce su quanto accaduto.
Secondo quanto riportato dalla stampa, Ragnedda, in preda al panico dopo il delitto, avrebbe chiesto a più persone di aiutarlo, a eliminare alcune prove. Si tratta di circostanze ormai ritenute fondate dagli inquirenti, che nelle ultime ore avrebbero isolato elementi concreti in grado di avvicinare la polizia giudiziaria ai presunti complici dell’imprenditore.
Ieri, gli specialisti del Ris di Cagliari sono saliti a bordo della “Nikitai”, lo yacht di famiglia ormeggiato al Pontile dei Fiori di Cannigione e attualmente sotto sequestro. L’obiettivo è individuare tracce e riscontri sul passaggio di persone che potrebbero aver aiutato Ragnedda a liberarsi degli oggetti personali della vittima e, forse, a organizzare – senza riuscirci – il trasporto in mare del corpo di Cinzia Pinna.
Dopo il tentativo di suicidio, Emanuele Ragnedda è stato dimesso dal reparto di Psichiatria dell’ospedale di Sassari. Le sue condizioni restano delicate.
Il suo legale, Luca Montella, ha chiesto ulteriori misure di tutela e sorveglianza per garantirne l’incolumità.
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