
Un missile disperso in mare davanti al Salto di Quirra

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REDAZIONE – L’Aster 30, missile da 2 milioni di euro, è finito a oltre 600 metri di profondità. La Capitaneria emette un avviso di pericolosità, ma le forze armate tacciono.
Che cosa è successo nel poligono militare?
Un missile da 4 metri di lunghezza, di colore bianco, dal valore stimato di circa 2 milioni di euro, giace a oltre 600 metri di profondità nelle acque al largo della costa orientale della Sardegna. È un Aster 30, tra i più avanzati sistemi d’arma in dotazione alle forze armate italiane, progettato per intercettare minacce aeree ad alta velocità.
A lanciare l’allarme è stato l’Ufficio Circondariale Marittimo di Arbatax, che ha emesso un avviso di pericolosità e stabilito un divieto di avvicinamento entro un raggio di 150 metri dal punto di presunta caduta, di fronte al poligono interforze del Salto di Quirra. Una zona da anni al centro di numerose polemiche legate all’impatto ambientale e sanitario delle attività militari.
Secondo quanto riporta la stampa sarda, il missile si sarebbe inabissato durante una recente esercitazione a fuoco condotta nel poligono militare, nell’ambito di un test operativo del sistema SAMP-T, utilizzato per la sorveglianza dello spazio aereo contro minacce della cosiddetta “terza dimensione”.
Nel corso dell’addestramento, sarebbero stati impiegati due Aster 30, insieme a missili terra-aria Stinger e sistemi antidrone C-UAS, con l’obiettivo di neutralizzare bersagli simulati come i Mirach-40, droni che mimano attacchi aerei.
Ma l’incidente non era stato comunicato dalle forze armate. Anzi, nei comunicati diffusi a fine maggio si parlava di “attività addestrative regolarmente concluse” e di “test condotti con successo”. Nessuna menzione del missile disperso, né del rischio potenziale legato alla sua presenza sul fondale marino.
“Nessun pericolo per i bagnanti”, si affrettano a precisare le autorità marittime. La zona interessata, infatti, è ben lontana dalla costa frequentata dai turisti. Ma il punto non è solo la balneazione. La presenza di un ordigno potenzialmente esplosivo a 600 metri di profondità rappresenta una questione di sicurezza, ma anche di trasparenza.
Non è la prima volta che il Salto di Quirra finisce al centro dell’attenzione pubblica. In passato, numerose inchieste hanno sollevato dubbi sulla gestione delle esercitazioni e sull’impatto ambientale e sanitario nell’area, che ha visto un’insolita incidenza di patologie in alcune zone limitrofe.
L’attuale vicenda ripropone con forza il tema della comunicazione – sia pur di carattere riservato – tra apparato militare e cittadinanza, soprattutto quando si parla di eventi che hanno ripercussioni sul territorio. Se le esercitazioni reali comportano il rischio di incidenti, come questo episodio sembra dimostrare, allora è lecito chiedersi quali siano i protocolli di sicurezza e come vengano gestiti gli imprevisti.
Per ora, il missile resta lì, nel silenzio del fondale e delle istituzioni. Ma il suo ritrovamento – e soprattutto il modo in cui la vicenda è emersa – lascia aperti molti interrogativi. E rilancia un dibattito che in Sardegna, da tempo, non è mai davvero sopito.
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