Isola di Santo Stefano. Si continua a raccontare balle!

La Base di Santo Stefano

LA MADDALENA – L’Isola di Santo Stefano, con un’estensione di 3 km quadrati, ha sempre ospitato tre servitù militari, ratificate il 23 dicembre 1969 con i decreti ministeriali n. 1585, 1586 e 1587. Questi decreti ministeriali si riferivano alle seguenti installazioni militari italiane:

  1. Parco torpedini di Punta S. Stefano;
  2. Deposito carburanti di Punta Sassu;
  3. Batteria di Punta dello Zucchero.

L’11 agosto 1972 a seguito di un accordo classificato “Top Secret” tra il governo italiano (Presidente Giulio Andreotti) e quello Statunitense nasce la base–appoggio per sommergibili nculeari. Tra il luglio e l’agosto dello stesso anno, dunque, kennedy 1approdano a La Maddalena la nave appoggio Fulton ed alcuni sommergibili della 69 Task Force della VI flotta scortati dalla portaerei Kennedy.

Le servitù militari italiane furono successivamente prorogate con successivi decreti ministeriali ai quali la Regione Sarda si oppose, per problemi di sicurezza. Il Co.Mi.Pa chiese, infatti. La documentazione di compatibilità per i due impianti adiacenti, senza mai ottenerlo. I ricorsi presentati dai vari Presidenti della Regione non sono mai stati accolti dal Consiglio dei Ministri. Il presidente della Giunta Mario Melis ricorse al TAR nel gennaio 1986 richiedendo l’annullamento dell’ultimo decreto del 15 ottobre 1985 che prorogava la servitù su “Punta dello Zucchero”. Il ricorso non fu accolto e l’allora Ministro della Difesa Giovanni Spadolini, il 22 marzo 1986, si impegnò formalmente a costituire una speciale Commissione composta da rappresentanti del Ministero della Difesa e della Regione con poteri istruttori e di proposta. La Commissione svolse i suoi lavori e curò anche la ricognizione esatta dei beni demaniali non più in uso alle Forze Armate in conformità all’art.14 dello Statuto della Regione Sarda, al fine di ottenere una migliore razionalizzazione dell’uso complessivo dei beni demaniali in uso alla Marina Militare.

Furono demolite le istallazioni del deposito Nafta e nacquero così solo due importanti impianti:

  1. Deposito di munizioni della NATO “Guardia del Moro” e
  2. Approdo per l’appoggio della Nave Officina per sommergibili nucleari.

Il primo impianto è ancora affidato al comando della Marina Militare Italiana, è lungo circa 2 km e insiste in parte nel sottosuolo ed utilizzato esclusivamente per i compiti di Istituto delle Forza Armata Italiane e quelli della NATO.

ALL’INTERNO DI QUESTI BUNKER NON SONO MAI STATI DEPOSITATI MATERIALI O ARMAMENTI NUCLEARI DI ALCUN GENERE… TANTOMENO QUELLI DELLA MARINA MILITARE USA!

MISSILIIn prossimità del deposito era situato il secondo impianto: cioè il punto di approdo per la nave appoggio-officina della U.S. Navy per sommergibili a propulsione nucleare, che era costituito di una banchina in cui era ormeggiata la stessa nave officina ed uno spazio retrostante a terra che prevedeva alcuni servizi supplementari (Una palestra prefabbricata, alcuni Containers e prefabbricati adibiti a officine e deposito materiali), inoltre era annesso anche un impianto di depurazione di acque nere asservito alla stessa nave, gestito da una ditta Italiana la Gemmo Impianti. Il complesso, costituito dunque da prefabbricati, containers e altri manufatti precari, costituiva comunque uno dei centri di stoccaggio tra i più completi in uso alla Marina degli Stati Uniti nel bacino del mediterraneo. In questa piccola ed importante base, non veniva trattate manutenzioni ad apparati o armamenti nucleari in dotazione ai sommergibili.

Il 13 aprile del 1973 – Il Governo italiano fa installare, in una ampia area circostante l’Isola di Santo Stefano, una serie di centraline di controllo sulla radioattività che da in diretta gestione agli organi della Sanità Pubblica (ASL), ed il 30 aprile l’Istituto Superiore di Sanità decide di effettuare i promi studi sulle rilevazioni ambientali.

Il 29 novembre del 1973Si comincia a parlare a sproposito della radioattività che, guarda caso, l’allarme parte dal settimanale corso KIRN che lancia il suo “Alerte au cobalt 60”. Il servizio viene ripreso dalla agenzia di stampa FRANCE PRESS e rimbalza in Italia attraverso l’ANSA. Il settimanale degli autonomisti corsi spara subito la versione del pericolo nucleare e rivelare mettendo in piedi un vero e proprio allarme costruendo un grave episodio: Secondo KIRN, un carico di rifiuti della GILMORE sarebbe stato di recente rifiutato, perche intrattabile, da un impianto di Porto Torres. Gli stessi rifiuti sarebbero stati sotterrati in una località imprecisata di La Maddalena diventata immediatamente radioattiva alle rilevazioni Geiger.

Ovviamente la notizia del settimanale KRIN veniva immediatamente smentita da tutti, sia dalla Marina Italiana che da quella Americana e sia dalle autorità di sanità pubblica recentemente installatesi sul posto.

Ma vi rendete conto della gravità inaudita di questa falsa notizia? – Ebbene, questa notizia è stata poi cavalcata per anni da tutti i vari gruppi di protesta, che a questo proposito però non hanno potuto mai documentare quanto falsamente pubblicato sui giornali francesi.

Il 3 dicembre del 1973, il Ministero della Sanità fa sapere, attraverso la stampa, che “a La Maddalena sono stati disposti nuovi controlli e una serie di nuovi rilevatori che non hanno rilevato alcuna pericolosità”.

Il 4 gennaio 1974 La Regione nomina una propria Commissione scientifica per accertare la situazione ambientale a La Maddalena. La Commissione è formata da tre esperti:

1)un fisico nucleare, il Prof. Mario Ladu dell’Università di Cagliari;

2) un esperto in medicina preventiva per gli esposti alle radiazioni, Prof. G. Paolo Nizzardi;

3) un esperto in meteorologia, il Generale Alberto Lorrai.

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I tecnici del CNEN e dell’ISS eseguono i primi prelievi marini nelle immediate adiacenze della Nave Appoggio US Navy. Per la prima volta effettuano anche un campionamento sul latte prodotto a La Maddalena e sul pesce pescato e posto in vendita nel mercato maddalenino. Il professor Ladu dichiara: “Nell’attesa dell’installazione in serie di laboratori di radioattività a La Maddalena, verranno effettuati periodici prelevamenti di campioni, che saranno esaminati in vari laboratori di analisi italiani”. Dai periodici controlli effettuati, perciò, mai è risultata una alterazione inquinante dei prodotti esaminati.

Ripartono all’attacco: Il 1 febbraio del 1974, sempre secondo la stampa locale, si sarebbero registrati a La Maddalena cinque casi di cranioschisi nelle nascite degli ultimi tempi. La pesante incidenza della mortale malformazione cranica dei neonati è imputabile ad agente esterno, tra i quali si affaccia l’ipotesi della solita radioattività di Santo Stefano.

Ad agosto del 74 – Cominciano le marcie di protesta e le varie interrogazioni parlamentari dei radicali, con incidenti tra manifestanti e polizia. Colpiti anche il Segretario Regionale Buzzanca e il parlamentare Marco Pannella che, involontariamente, vengono fatti volare dalla polizia nello splendido mare di Punta Chiara. Nella circostanza sono stati incendiati anche alcuni uffici della NSA e 9 automobili targate AFI.

Il 10 luglio 1981Dopo un continuo altalenarsi di proteste, sempre sulla stampa locale riappare ancora un caso di cranioschisi a La Maddalena. Si tratta del sesto caso. Le autorità sanitarie escludono esplicitamente qualsiasi collegamento della malformazione con la presenza nucleare americana.

Il 16 luglio 1981 – L’Assessore regionale alla Sanità, Emanuele Sanna, disconoscendo le dichiarazione delle Autorità Sanitarie, da la notizia della costituzione di una Commissione tecnico-scientifica per accertare le cause delle malformazioni nelle nascite a La Maddalena. In particolare l’indagine deve accertare se l’incidenza è superiore alla media regionale e nazionale, individuare tutte le possibili cause e l’eventuale rapporto con la presenza della base americana.

Ad oggi questa commissione tecnico-scientifica non si è mai espressa in merito… anzi è sparita dalla circolazione.

Passano gli anni e se ne continuano a sentire di tutti i colori…

COP-viaggio-terra30 ottobre del 1988,  parte uno scoop di Greenpeace: Mentre continua il dibattito e la polemica sulle basi militari, GREENPEACE diffonde i dati di una propria ricerca sull’armamento nucleare in dotazione anche ai sommergibili americani di base a La Maddalena. La ricerca, operata su documenti declassificati della US NAVY, rivela che già da più di due anni i sommergibili d’attacco sono dotati di CRUISE e di altri missili e mine a capacità nucleare. In particolare, continua Greenpeace, la Nave appoggio di S. Stefano avrebbe stoccati nelle proprie stive ben 34 CRUISE TOMAHAWK.

Un piccolo particolare: Greenpeace non sa, però, che per convenzione gli armamenti nucleari americani non possono essere trasportati in territori stranieri ed ancora, non sa, che i missili cruise della US Navy sono si presenti a bordo dei sommergibili ma con testate convenzionali e non quelle nucleari… in quanto queste ultime sono custodite in speciali ed appositi depositi in territorio Americano, controllati da Tecnici Nucleari di Ditte Civili esterne e convenzionate con la stessa Marina Statunitense.

Il 15 maggio del 1989, altra balla di Greenpeace: Spettacolare assalto di GREENPEACE alla nave appoggio americana di S. Stefano. A mezzogiorno dalla nave SIRIUS si lanciano all’arrembaggio i gommoni con la scritta “mare senza nucleare”, fermati prontamente dalla Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Carabinieri che su loro stessa “simpatica” segnalazione li stavano aspettando sul posto. GREEPEACE offre ai 50 giornalisti al seguito i dati essenziali che caratterizzano la base statunitense di La Maddalena. Dicono che la nave officina ha assistito nel 1987 ben 23 sommergibili nucleari, che è la principale sede di stoccaggio dei missili TOMAHWK della VI Flotta e che questi missili – ed altri a capacità nucleare – fanno parte del mix di armamento dei sommergibili assistiti a S. Stefano.

25 Ottobre 2003 Sabato – il sottomarino nucleare americano Hartford, intorno alle 11.30 di quella mattina, si incagliava tra le secche dell’isola di Caprera. Per questa circostanza, dopo un mese, e si informazione fornita direttamente dalla Marina USA, sulla stampa viene detto che la popolazione si era allarmata per un forte rumore provocato da una altrettanta forte scossa come di terremoto e che preoccupata il pensiero ere subito corso verso alla base americana.

Dalla Francia, prontamente intervenuta con la loro attendibile stampa, avevano fatto sapere che “nessun terremoto era stato registrato. Né piccolo, né grande”.

Dopo un mese di meditazione strategica, dopo che un giornale americano riportava la notizia di quello che era successo al Sommergibile Hartford… partiva subito una fantasiosa controffensiva: la notizia veniva distorta dalla stampa locale che appiccicava all’evento del sommergibile americano la testimoniante reazione allarmante della popolazione che, realmente, aveva si in quel mese percepito una scossa di terremoto ma no in quel giorno.

L’allarme popolare, infatti, si era verificato una settimana prima, cioè Lunedi 20 ottobre 2003 intorno alle ore 23,30 e la scossa sismica, registrata dall’Istituto Nazionale di Geofisica, era stata rilevata a circa 60 miglia ad est di Olbia.

Insomma quest’altra bufala è proseguita per circa altri due mesi, con sferrati attacchi in consiglio comunale e con l’aggiunta, siccome non bastava, di una ulteriore fantomatica esplosione di due compressori di bordo che avrebbero procurato addirittura anche alcune morti. Il caso è approdato addirittura in Tribunale e nessuno, però, ha potuto mai documentare tutte queste fantasie apparse sulla stampa.

Ma le associazioni ambientaliste ormai sono in stato di allarme. Il Wwf Gallura trova la collaborazione con l’associazione Corsa Abcd. Gli ambientalisti riescono a procurarsi dei campioni di alghe – (che non si sa dove le hanno prese) – e finalmente hanno il colpo di genio di mandarle a un istituto di ricerca indipendente, in grado, quindi, di fare ricerche accurate e di non subire pressioni esterne. La scelta ricade sul Criirad francese, guidato dal professore Bruno Chareyron.

E qui viene il bello: A gennaio del 2004 i francesi fanno sapere che “a La Maddalena, per fortuna, non c’è un disastro nucleare in corso. Ma nelle alghe sono state trovate tracce di Torio234 in quantità anomala, una sostanza inquinante e radioattiva, figlia dell’uranio impoverito”.

Apriti cielo! I partiti di sinistra, che vogliono ormai da tempo e insistentemente scippare la poltrona di sindaco al centro-destra, si scatenano e cominciano a sfornare interrogazioni in serie. Nessuno sa cosa sia il Torio, ma immediatamente diventa l’argomento del giorno.

Le Asl sarde si attivano immediatamente e ordinano una nuova serie di esami, appoggiandosi anche agli istituti specializzati statali.

La risposta:Il Torio 234 esiste in natura e non è collegato con la presenza dei sommergibili americani”. Ma gli ambientalisti insistono: “La quantità ritrovata è fuori dalla norma, fate qualcosa”.

Siamo a maggio, e il Criirad Francese insiste:Guardate che nelle alghe di La Maddalena abbiamo trovato plutonio”.

Le Asl e gli scienziati italiani cascano ancora una volta dalle nuvole e a giugno dicono: “Faremo nuove analisi più approfondite e vedremo se troveremo anche noi il plutonio”.

Gli americani sono andati via… e le indagini sono finalmente state eseguite…

nave usa

Il plutonio “americano” non è stato mai trovato … il gruppo di lavoro per questi accertamenti è stato fatto dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT), dall’ Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare (ICRAM) e dall’ Agenzia Regionale Protezione Ambiente Sardegna (ARPAS), rappresentata dall’Azienda USL 1 – Presidio Multizonale di Prevenzione (PMP) di Sassari e dall’Azienda USL 8 – Presidio Multizonale di Prevenzione (PMP) di Cagliari… e questo è il rapporto che è stato redatto: (clicca qui)

Provate a smentirmi!

Ora… tutti coloro che voglio continuare a parlare di Santo Stefano e continuare a gettare fango sull’immagine della Maddalena… lo facciano con carte alla mano, documentate e certificate e non con le solite chiacchere o schizzoidi megalomanie politichesi

Infine, se qualcuno ora non gradisce questo rapporto d’indagine e vuole distruggerlo, può utilizzarlo tranquillamente quando va nel WC: NON E’ INQUINANTE!

Alberto Tinteri

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