La Chiesa che io sogno

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di Giovanni Antonelli – 26 aprile 2017

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LA MADDALENA – A me che sono cattolico, consentitemi di sognare! – E’ bello sognare quando la realtà è grigia e sconfortante, sognare un qualcosa di bello, di inusitato. La giovinezza è l’età dei sogni, e poiché la Chiesa di Gesù è in una perenne giovinezza, quella che le ha regalato il suo Fondatore, è gratificante per chi avverte il privilegio di appartenere a questo corpo sempre giovane, abbandonarsi ad un bel sogno, quello che ci faccia vedere, con una speranza tradotta in realtà, quella Chiesa che noi vorremmo ammirare, quella Chiesa che noi vorremmo essere sinceramente.

La realtà della Chiesa, quella che – come si è detto – è composta dell’aspetto visibile, per quel che noi siamo, appare troppo spesso – non tanto ai suoi nemici dichiarati che la disprezzano per partito preso, accecati e prevenuti – ma a noi che la amiamo e vi facciamo parte gioiosamente, appare… ahimè… troppo lontana dall’ideale che il Fondatore le ha prefissato. E ciò e motivo di dolore, di profonda sofferenza.

Per chi come me istituisce il confronto, è bello rifugiarsi nel sogno, che è speranza, che è preghiera. In questo senso, dunque, anche a proposito della Chiesa lasciatemi sognare… “si, consentitemi di sognare”. E ciò non vorrebbe essere un rifuggire dalla realtà e quindi dall’impegno, dal servizio a “propria misura”, ma ripeto è un rinfocolare la speranza nella fedeltà in Colui che ci ha detto:

“Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi”…

Non è la prima volta che mi abbandono a questo sogno, già in passato ho avuto modo di far sentire – con un mio scritto inviato e pubblicato su Gallura e Anglona, alcune considerazioni e lo stato di malessere dell’Associazione a cui facevo parte fin da ragazzo, non trascurando in parte la responsabilità, del clero al suo decadimento e il conseguente allontanamento dei giovani dalle parrocchie.

Il mio discorso o meglio il tentativo di un discorso del passato, sarebbe vuoto, inutile esercizio se non ce ne venisse una urgente lezione per l’avvenire, prossimo e lontano.

Come dovrà essere la Chiesa che noi tutti corresponsabilmente, ci impegneremo a costruire?

Una Chiesa più comunionale, dove a cominciare dai Pastori, si conoscano, si vogliano bene, stiano insieme senza etichette, senza burocrazia, senza distanze inutili, pur nello scrupoloso rispetto delle attribuzioni dei singoli e dell’autorità:

  • dove i superiori non siano dei burocrati o dei funzionari ma fratelli e amici;
  • dove le strutture siano ridotte al minimo necessario e dove davvero la legge preminente, anche senza buttar via il Codice Canonico, sia l’amore vero, autentico, cristiano,
  • una Chiesa più declerizzata, dove, cioè, non ci siano il paternalismo e l’autoritarismo di un clero ridotto rigidamente in casta privilegiata; dove anche la figura del prete sia più vicina a quella dei fratelli cui serve, senza per questo perdere la sua dimensione sacra e di separazione;
  • dove anche i laici possano e debbano dire la loro parola che trovi ascolto, anche quando è scomoda e anche quando vuole entrare nella scelta delle persone e nella programmazione pastorale;
  • una Chiesa più corresponsabilizzata, dove tutti, vescovi e preti, preti e laici, si sentano ugualmente responsabili della missione e della conduzione della Comunità;
  • dove i nuovi organismi comunitari voluti dal Concilio Vaticano II – (Consiglio Pastorale Diocesano, Consiglio Pastorale Parrocchiale, Consiglio Presbiteriale) – non siano solo sulla carta, ma siano strumenti vivi e attivi di partecipazione, di comunione ecclesiale;
  • una Chiesa più carismatica: ove i carismi di tutti siano rispettati e valorizzati, dove si ammetta concretamente in una organizzazione giuridica ridotta al minimo e si ammiri una comunità viva, agile, spirituale, profetica;
  • una Chiesa più preoccupata di dare testimonianza a Cristo nella povertà , nel rifiuto di ogni protezione, nella libertà di ogni ideologia, nella assoluta indipendenza, di ottenere privilegi e protezione, di inserirsi in attività di supplenza, di immischiarsi nel gioco degli interessi politici, economici diplomatici;
  • una Chiesa più pluralista, senza schemi fissi e rigidi, senza indebite costrizioni, senza uniformità che non è unità, senza conservatorismi inutili, dove, cioè, la diversità legittima nella professione dell’unica fede sia presupposto di unione, di efficienza;
  • una Chiesa , infine, più accogliente: ove ci si senta davvero “nella casa del Padre” dove non si sbatta la porta in faccia a chi se ne va, perché è in crisi, dove si raccoglie nella stima e nell’amore il fratello che ritorna dopo esperienze amare; dove nessuno si senta estraneo anche se qualche volta ha sbagliato; dove si sta sempre con la porta spalancata, senza predominio, senza ghetti, senza puritanesimo farisaico per accogliere i fratelli che vengono a bussare anche solo per curiosità, dove si ha sempre pronta per tutti, per tutti, un’immensa dose di amore, come ci ha insegnato Gesù.

Come non notare con gioia che questi pensieri espressi con convinzione e calore, di desiderio e speranza possano acquistare attualità, di una speranza che non muore, non può morire.

Vorrei che le comunità ne avvertissero l’interiore risonanza e un impegno costante e fattivo, perché questa Chiesa che amiamo, avverta il richiamo di una necessità, di mettere mano ad un risveglio che è richiesto da ogni parte.

Si, lasciatemi e lasciateci sognare!..

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