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Lo sapevate che Licio Gelli era un grande amico di Zì Lallena?

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5^ Puntata… di Storia

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Della vita di Licio Gelli non si conosce tutto, come è logico, trattandosi di un personaggio molto riservato, Gran Maestro della Massoneria, e ancor meno si conoscono le certezze sulla sua vita soprattutto nella fase finale della Seconda Guerra Mondiale.

Non è facile orientarsi tra le testimonianze, non sempre coincidenti dei diretti interessati massonici, abili nel depistaggio, e dei biografi, e che ancor oggi non tutto può essere letto per la copertura degli atti targati d’interesse Nazionale.

Le sue vicende giovanili, quando non era ancora massone, sono invece da me abbastanza conosciute.

Licio, nasce a Pistoia il 21 aprile 1919; ragazzo turbolento non conclude gli studi di Ragioneria per espulsione dalla Scuola.

Lui mi racconta che a 18 anni diventa fascista e parte per la Guerra di Spagna. Rientrato in Italia, si comporta da fascista estremista.

Il 9 giugno 1940 parte per la Guerra. Mussolini ha bisogno di uomini fidati: lui viene arruolato nei Reparti d’Assalto (dell’Artiglieria) sul fronte greco-albanese; poi entra nella Divisione Folgore ma diventa anche uomo fidato di Mussolini.

Fin qui è tutto chiaro, poi si entra nella nebbia: lo si ritrova in Jugoslavia, nel Montenegro, terre di partigiani anti fascisti, ma nessuno può parlare del suo ruolo. Appare probabile che operasse nel campo dei servizi segreti, in cui erano attivi Sovietici, Italiani e Inglesi.

Il 25 luglio 1943 il Gran Consiglio sfiduciava Mussolini e per Licio tutto diventa difficile.

Gli Alleati bombardano Roma ed anche Pistoia e Licio Gelli capisce che il vento è cambiato, salta il fosso e inizia a collaborare con la parte vincente.

Riappare poco dopo con l’uniforme di Tenente delle SS e con cinque uomini si presenta in una fortezza per liberare 59 partigiani detenuti. 

Un anno dopo guida un reparto Alleato di Liberazione. Nell’Ottobre del 1944 il Capo del CNL di Pistoia gli rilascia un permesso di libera circolazione, glorificando le imprese del partigiano Licio Gelli.

Ma a questo punto le notizie mi appaiono molto confuse e diventano sempre più incerte.

Nel sito Biografieonline, dopo tanti anni, ho letto che nel Maggio 1944 Licio arresta e tortura insieme ad altri un tal Giliano Bargiacchi e il Procuratore del Re emette nei suoi confronti un mandato di cattura.

Nel frattempo a Pistoia tira brutta aria per il traditore nuovo partigiano che viene aggredito. Per sfuggire a morte certa decide perciò di fifugiarsi in Sardegna.

Il 5 gennaio 1945 arriva a La Maddalena, con la moglie Wanda Vannacci, sposata il 16 dicembre 1944 stabilendosi in via Nazario Sauro (a Moneta), presso il cognato Mino Canovai, sottufficiale di Marina.

Non perde però i contatti con i Servizi Segreti del SIM… il lupo perde il pelo ma… Per campare, avvia un’attività di commercio in tessuti e accessori, vendendo le sue merci anche nei paesi della Gallura. Per questo chiede una licenza di commercio al Comune di Maddalena, che a sua volta chiede informazioni alla Questura di Pistoia.

Il maresciallo Casula, della stazione maddalenina, viene a sapere che Licio Gelli era un ricercato e i quindi Carabinieri lo arrestano.

Il 5 settembre è nel carcere di Boncammino a Cagliari: lui riprende i contatti con i Servizi Segreti e fornisce una lista di 56 collaborazionisti con i nazisti uscendo subito di scena… cioè improvvisamente scompare da Boncammino.

Ma la versione di Licio Gelli, intervistato da RebusTV a me non risulta esattamente a quanto lui raccontava:

Alla domanda della TV: Fascismo e massoneria, due mondi in apparenza inconciliabili. Lei come ha fatto?

Licio aveva risposto: «Alla massoneria fui iniziato proprio in Sardegna, nel 1944. Mi avevano mandato a La Maddalena, in una sorta di confino, subito dopo l’arresto di Mussolini. Spesso mi ritrovavo con il sindaco Marchetti, che era avvocato e massone. Mi ripeteva: Licio, sei in gamba ma purtroppo anche fascista. Altrimenti saresti andato benissimo per la nostra istituzione. Un problema che vent’anni dopo superai con l’affiliazione al Grande Oriente d’Italia».

Cosa ricorda del periodo trascorso in Sardegna?

«Eccezionale. Avevo fatto amicizia col maresciallo dei Carabinieri Casula che era incaricato di tenermi sotto controllo. Ed ero amico anche di una certa Zì Lallena amica di mia moglie. Avviai persino un commercio, che mi fruttò. Mi ero accorto che nel nord dell’Isola mancava il filo da cucire e allora, assieme al mio amico Vittorio Panichi (di Lucca), feci in modo di farmelo arrivare dalla Toscana. Con mia moglie Wanda lo raccoglievamo in rocchetti da 50 metri. E poi lo vendevamo. Siccome non c’erano soldi mi facevo pagare con i monili d’oro, quelli che abbellivano i costumi tradizionali sardi».

Il giornalista però intervistò anche la sottoscritta e mi chiese: Ma c’è da fidarsi su quanto raccontato da Licio Gelli? Ha raccontato tutto?

Superando la piccola confusione che regnava in Sardegna nel 1944”, ma in effetti era nel 1945, credo che Licio abbia un po depistato:

  • A Maddalena nell’elenco dei sindaci di allora non appare nessun Marchetti, forse era un altro massone, ugualmente laureato in legge…
  • Lui evita di fare riferimento al suo periodo in carcere a Cagliari… per evitare proprio di parlare dei servizi che lo hanno liberato…
  • Dice di essere stato confinato dopo l’arresto di Mussolini ma la data non coincide: era il 25 luglio 1943?

  • Qualcuno mi ha detto che lui venne a La Maddalena – (poco prima dell’8 settembre del 43) – in attesa dell’arrivo della Corazzata Roma partita da La Spezia con tutta la Squadra Navale, dove a bordo vi erano alcuni dei suoi uomini segreti in missione speciale che stavano scortando materiale prezioso prelevato qualche tempo prima dalla Jugoslavia e che avrebbe dovuto custodire per conto del Duce… Dopo tanto tempo, poi, venni a sapere che il tenente di vascello Agostino Incisa della Rocchetta – (Direttore di Tiro dei Cannoni contraerei da 90 mm, del lato sinistro della Corazzata Roma), pur essendo orribilmente ustionato al volto e alle mani, poco prima dell’affondamento della Corazzata, a rischio della propria vita raggiunse la Plancia Ammiraglio per cercare di portare il suo aiuto al Comandante Bergamini. Ma arrivato in Plancia constatò che sulle ali della stessa non vi era nessuno e che molti dei marinai, ufficiali e sottufficiali erano morti stranamente a colpi di pistola; le porte stagne di accesso al torrione erano chiuse dall’interno. Licio Gelli, informato da Super Marina, non ricevette mai quel “materiale prezioso del Duce” e capì che per lui era venuto il momento di mescolarsi tra la gente comune…
  • Ma terminata la Guerra, dopo tanti anni, Licio Gelli continuava a venire a La Maddalena, dove era ospite molto gradito di un nostro celebre e stimato concittadino, sino alla fine degli anni novanta…

Purtroppo, però, non posso dire altro perché le carte sono ancora secretate…

Zì Lallena

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